Vulvodinia: quando il corpo parla e nessuno lo ascolta (ancora)

C’è un dolore che non si vede. Non lascia segni sulla pelle, non si mostra in radiografie o analisi del sangue, ma logora silenziosamente. È un dolore che vive nel corpo, ma abita anche nella mente e nelle relazioni. Quel dolore si chiama vulvodinia.

E il vero problema, a volte, non è neanche il dolore in sé. È l’invisibilità. L’essere liquidate come “stressate”, “troppo sensibili”, “tutto a posto lì sotto”. Ma no, non è tutto a posto. E chi vive la vulvodinia lo sa.

In questo articolo vedremo cos’è la vulvodinia, quali sono le sue cause più studiate, i sintomi più comuni, come viene diagnosticata e quali sono oggi i trattamenti più efficaci secondo la letteratura scientifica.

Capire questa condizione significa dare un nome al dolore e, soprattutto, smettere di sentirsi sole.

Indice

Cos’è la vulvodinia?

La vulvodinia è una condizione di dolore cronico vulvare che dura da almeno 3 mesi, senza una causa organica identificabile. Secondo l’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD), si tratta di “una sindrome di dolore vulvare idiopatica”, ovvero senza una spiegazione medica univoca.

Ma “idiopatica” non significa immaginaria.

Una revisione sistematica pubblicata su BJOG: An International Journal of Obstetrics and Gynaecology ha mostrato che tra il 8% e il 16% delle donne soffre di vulvodinia almeno una volta nella vita, con picchi in età fertile e in peri-menopausa.

Quali sono i sintomi?

Chi vive con la vulvodinia racconta sensazioni molto diverse tra loro. Bruciore, fitte, secchezza, irritazione, sensazione di abrasione anche in assenza di stimolo. Alcune donne riferiscono di sentire la pelle “spellata”, o come se ci fosse una ferita invisibile.

Prima di elencare i sintomi principali, è importante ricordare che non si tratta solo di una questione fisica, ma anche di come il cervello percepisce e interpreta lo stimolo doloroso.

Ecco i sintomi più frequentemente riportati:

  • Bruciore o dolore pungente nella zona vulvare, spesso peggiorato dal contatto, come durante i rapporti sessuali o anche solo con indumenti stretti.
  • Dispareunia (dolore durante i rapporti), che può essere superficiale o profondo.
  • Tensione o ipertono del pavimento pelvico, che può contribuire al dolore o essere una reazione difensiva al dolore stesso.
  • Irritazione o fastidio anche senza stimoli evidenti, come durante il riposo.
  • Alterazioni della vita sessuale e relazionale, dovute alla paura del dolore o alla riduzione del desiderio.

Uno studio condotto da Nguyen et al. (2021), pubblicato su The Journal of Sexual Medicine, ha mostrato che il 74% delle donne con vulvodinia sperimenta anche un impatto significativo sulla qualità della vita sessuale e relazionale.

Chi vive con la vulvodinia racconta sensazioni molto diverse tra loro. Bruciore, fitte, secchezza, irritazione, sensazione di abrasione anche in assenza di stimolo.

Le cause: non una, ma molte

La scienza non ha (ancora) identificato una sola causa. Ma ha fatto grandi passi avanti nel ricostruire il puzzle. L’ipotesi più accreditata è che si tratti di una condizione multifattoriale, in cui si combinano fattori biologici, neurologici, psicologici e relazionali.

Vediamoli.

  • Ipersensibilità neurologica: alcuni studi hanno documentato un aumento della densità delle fibre nervose nella mucosa vulvare nelle donne con vulvodinia (Bornstein et al., 2001, Obstetrics & Gynecology).
  • Infezioni pregresse: la Candida albicans è una delle infezioni più frequentemente correlate a esordi di vulvodinia, secondo un’analisi di Mitchell et al. (2008).
  • Alterazioni ormonali: ad esempio in seguito all’assunzione di contraccettivi orali, soprattutto quelli con alto contenuto di etinilestradiolo.
  • Fattori psicologici: ansia, stress cronico, eventi traumatici sessuali o relazionali.
  • Genetica e infiammazione: alcune donne hanno una predisposizione genetica a reazioni infiammatorie più marcate o persistenti.

Uno studio molto citato, pubblicato da Harlow et al. su American Journal of Obstetrics and Gynecology (2009), ha evidenziato che le donne con una storia di disturbi d’ansia hanno una probabilità doppia di sviluppare vulvodinia.

Diagnosi: quando dire “non è nella tua testa” fa la differenza

La diagnosi è clinica, ovvero si basa sull’anamnesi e sull’esclusione di altre condizioni. Non esistono test specifici, ma alcuni strumenti aiutano a valutare e mappare il dolore.

Durante una visita ginecologica specializzata si eseguono:

  • Esame vulvare completo, per escludere infezioni o patologie dermatologiche.
  • Cotton swab test, con cui si toccano delicatamente varie aree della vulva per identificare zone ipersensibili.
  • Valutazione del pavimento pelvico, spesso eseguita da una fisioterapista specializzata.
  • Colloquio psicologico per comprendere se ci sono fattori emotivi, ansiosi o traumatici che aggravano il quadro.

Secondo un’indagine condotta dal NIH Vulvodynia Research Group (2020), il tempo medio per ottenere una diagnosi corretta è di oltre 2 anni. Questo ritardo può peggiorare notevolmente il quadro clinico ed emotivo.

Il legame con la salute mentale

Chi soffre di dolore cronico sviluppa spesso meccanismi di evitamento, paura del contatto, perdita del desiderio. Il corpo si contrae, la mente si chiude.

Uno studio di Arnold et al. (2020), pubblicato su Psychosomatic Medicine, ha mostrato che oltre il 40% delle pazienti con vulvodinia presenta anche sintomi di depressione clinica. E che la qualità della vita sessuale migliora significativamente con un approccio combinato: medico, fisico e psicologico.

Sottovalutare l’aspetto emotivo e relazionale della vulvodinia è come tentare di curare una pianta solo bagnandola, senza guardare la terra o la luce che riceve.

Liberarsi dalla prigione della vulvodinia è possibile

Trattamenti: non esiste una sola via, ma una rete

Il trattamento della vulvodinia non è mai “uno e basta”. Serve una strategia multidisciplinare, personalizzata e paziente.

Tra i trattamenti più efficaci, secondo le linee guida ISSVD 2022, troviamo:

  • Fisioterapia del pavimento pelvico, con tecniche di rilassamento miofasciale, stretching e biofeedback.
  • Terapie farmacologiche, come antidepressivi triciclici (amitriptilina), anticonvulsivanti (gabapentin), anestetici topici.
  • Psicoterapia (soprattutto approccio cognitivo-comportamentale o EMDR), per gestire le componenti emotive e relazionali.
  • Ipnosi clinica, che ha dimostrato efficacia nel ridurre l’intensità del dolore e migliorare il tono muscolare (Frederick & McNeal, 1999, International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis).
  • Mindfulness e tecniche di regolazione emotiva, per ridurre l’iperattivazione del sistema nervoso.

Una revisione Cochrane del 2021 (Andrews et al.) ha evidenziato che gli approcci integrati mostrano un’efficacia doppia rispetto ai trattamenti farmacologici isolati.

>>> Per approfondire, puoi cliccare qui e leggere la “Guida completa alla vulvodinia: cause, sintomi e rimedi efficaci” <<<

Non è solo un dolore. È una storia interrotta

La vulvodinia non toglie solo il piacere sessuale. Toglie voce. Autonomia. Spontaneità. Ecco perché parlarne è un atto politico e terapeutico allo stesso tempo.

Non si guarisce da un giorno all’altro. Ma si può migliorare. E spesso, quel percorso di cura diventa anche un viaggio di riconnessione con sé stesse, con il proprio corpo e con il proprio desiderio.

Se vivi con dolore vulvare e senti di non essere capita, parliamone. La consulenza è riservata e personalizzata. E può essere il primo passo per riprenderti il corpo, il piacere e la libertà.

Domande frequenti sulla vulvodinia

  • La vulvodinia è una malattia rara?

    No, si stima che colpisca tra l’8% e il 16% delle donne. È spesso sottodiagnosticata, ma tutt’altro che rara.

  • È possibile guarire dalla vulvodinia?

    Molte donne trovano sollievo grazie a un approccio integrato che combina fisioterapia, psicoterapia, trattamenti medici e tecniche mente-corpo.

  • La vulvodinia è collegata a problemi psicologici?

    Non è causata da fattori psicologici, ma ansia, stress e traumi possono contribuire all’intensità e alla persistenza del dolore.

  • Può comparire anche in donne giovani?

    Sì, può manifestarsi in qualsiasi fase della vita, anche in età adolescenziale, con picchi tra i 20 e i 40 anni.

  • I rapporti sessuali peggiorano la vulvodinia?

    Il dolore durante il rapporto può aumentare la tensione e l’ansia, aggravando i sintomi. Tuttavia, con il trattamento adeguato è possibile riprendere una vita sessuale soddisfacente.

  • Che tipo di medico bisogna consultare?

    Ginecologi specializzati in patologie vulvari, sessuologi clinici, fisioterapisti pelvici e psicologi con esperienza nel dolore cronico.

Bibliografia

  • Foster, D.C. et al. (2019). Vulvodynia: A Review of Pathophysiology and Treatment. BJOG: An International Journal of Obstetrics and Gynaecology.
  • Bornstein, J. et al. (2001). Clinical and Histopathologic Characteristics of Patients with Vulvodynia. Obstetrics & Gynecology, 98(3), 409–413.
  • Harlow, B.L. et al. (2009). Prevalence of Symptoms Consistent with a Diagnosis of Vulvodynia: Population-Based Study. American Journal of Obstetrics and Gynecology, 200(2), e1–e7.
  • Nguyen, R.H.N. et al. (2021). Sexual Function and Relationship Impact in Women with Vulvodynia: Findings from the National Vulvodynia Registry. The Journal of Sexual Medicine, 18(5), 908–917.
  • Mitchell, C. et al. (2008). Association Between Candidiasis and Vulvodynia. Journal of Reproductive Medicine, 53(6), 379–384.
  • Arnold, L.D. et al. (2020). Depression and Anxiety in Women with Chronic Vulvar Pain: The Role of Comorbid Conditions. Psychosomatic Medicine, 82(3), 220–226.
  • Andrews, J. et al. (2021). Multidisciplinary Approaches to Chronic Vulvar Pain: A Cochrane Review. Cochrane Database of Systematic Reviews.
  • Frederick, C. & McNeal, S. (1999). Hypnotherapy and Hypnoanalysis for Treatment of Vulvodynia. International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 47(3), 176–193.

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